Il lavoro sul Giovane Francesco è il terzo lavoro consecutivo con il gruppo di utenti e volontari dell’Eta Beta onlus di Viterbo. Come nei due anni precedenti, da novembre a maggio il costante lavoro di gruppo è stata la cifra stilistica del laboratorio che ha preceduto sia la scrittura del testo, nata da improvvisazioni coi ragazzi stessi, che il montaggio dello spettacolo finale. Un cammino triennale che ha portato i ragazzi a confrontarsi prima con la coralità di “Brancaleone”, nel quale erano tutti impegnati in scena per l’intera durata dello spettacolo e poi con i “Racconti Improvvisati” in cui alla coralità si aggiungeva il gioco dell’improvvisazione e del reciproco ascolto. Quest’anno la terza fase consiste nello sperimentare oltre alla coralità e all’improvvisazione uno spazio scenico dinamico, rompendo la separazione tra palco e platea per un’azione teatrale condivisa direttamente con gli spettatori. Il pubblico si muoverà dietro gli attori che agiranno su quattro palchi distinti nel Giardino del Palazzo dei Priori, spostandosi continuamente da un punto all’altro ed alternando sia parti a memoria che azioni improvvisate. Il testo immagina Francesco d’Assisi colto nella sua giovinezza ancora spensierata, figlio amato e dedito al lavoro con la bottega del padre. Il ritorno dalla guerra che lo porterà ad una crisi esistenziale e al cambiamento radicale della propria vita, solidarizzando coi poveri e i malati sarà motivo di scandalo per la comunità che non lo riconosce più e ne resta turbata. Francesco appare come un folle che gioca felice coi bambini e si dedica anima e corpo alla ricostruzione di una chiesa abbandonata, primo atto del suo rivoluzionario percorso spirituale. Ad amici e parenti, testimoni turbati dal suo agire non resta che porsi la domanda: “è possibile essere felici portando una croce?”
Pierpaolo Palladino
Presentazione delle coreografie
Il laboratorio di espressione corporea si integra perfettamente in questo percorso triennale, i ragazzi hanno sempre più padronanza e coscienza del loro corpo e dei loro movimenti, riescono sempre di più ad identificarsi in esso e quindi a creare la propria danza senza inibizioni ed imbarazzi.
Le coreografie degli spettacoli nascono sempre dalle loro improvvisazioni e solo alla fine vengono dirette e codificate in un linguaggio uguale e leggibile per tutti.
Quest’anno i ragazzi si confronteranno con uno spazio scenico particolare: non c’è il teatro convenzionale, il pubblico è molto vicino e il contatto vero, quasi fisico, sarà inevitabile. Ecco perché i ragazzi, ancora di più, avranno bisogno di un’ottima relazione con il movimento per riuscire ad integrarsi con il pubblico stesso.
Sabrina D’aguanno