Francesco Acquaroli, dopo il boss Samurai di Suburra e Sebastiano, l’amico fuorilegge del vice questore Rocco Schiavone, decide di “rovinarsi” la reputazione di duro della mala romana interpretando un personaggio farsesco e paradossale che si ispira al famoso racconto di Nicolaj Gogol. In questo divertente spettacolo il protagonista si risveglia all’improvviso senza naso, ma la sua unica preoccupazione è di aver perso anche la rispettabilità nella buona società che frequenta. “Un uomo senza naso che omo è?”. Con vittimismo fantozziano si lancia dunque all’inseguimento del suo Naso che fugge in città vestito da cardinale, ma è inseguito a sua volta dal suo stesso pregiudizio sociale, perché “a un omo timorato nun glié capitano ‘ste cose!”.
Ad accompagnare le sue gesta in scena due giovani polistrumentisti, con una narrazione sonora ricca di elementi colti e popolari. Strumenti come il corno, il contrabbasso, la chitarra, già in uso all’epoca di Gogol, convivono nelle musiche concepite in forma di melologo, genere musicale che unisce la musica con il parlato.
testo e regia di PIERPAOLO PALLADINO da Nicolaj Gogol
con FRANCESCO ACQUAROLI
Musiche di Pino Cangialosi
eseguite in scena da Flavio Cangialosi, tastiere, chitarra e percussioniLivia Cangialosi, voce e fiati
Aiuto regia, scena, disegno luciAlessia Sambrini
Fonica Simone Sciumbata
Pierpaolo Palladino riscrive un gioiello della narrativa moderna per eccellenza, collocandolo dentro questa stupenda e misera città fatta di uomini allegri e feroci, inseguiti e identificati nel loro procedere sempre guardingo e sfiduciato, in un romanesco potente e discorsivo, chiaro ed efficace, del tutto coerente al drammatico niente di queste esistenze tanto “normali”. Prof. Marcello Teodonio, presidente centro studi Gioacchino Belli, docente letteratura romanesca Università Tor VergataProf. Marcello Prof. Marcello Teodonio, presidente centro studi Gioacchino Belli, docente letteratura romanesca Università Tor Vergata
Un’accoppiata, autore e attore, potenzialmente travolgente. Speriamo che insistano.
Paolo Leone, Corriere dello spettacolo
La regia è elegante e pulita. Palladino riesce a far vivere con un solo oggetto di scena tutte le ambientazioni dello spettacolo dando un ulteriore segno dell’artigianalità del teatro.
Olivio Pingitore, Il Foyer
Francesco Acquaroli, sfumando toni e atteggiamenti per modulare i registri vocali del narratore e dei personaggi, snocciola con naturalezza il racconto reso in forma di melologo con le musiche di Pino Cangialosi eseguite dai figli Livia (voce e fiati) e Flavio Cangialosi (tastiere, chitarra e percussioni).
Tania Turnaturi, TeatriOnLine
Livia Cangialosi e Flavio Cangialosi risultano sorprendenti attraverso i propri strumenti e voci. La loro musica dal vivo infatti arricchisce lo spettacolo facendoci percepire Roma, non solo attraverso la voce di Acquaroli, ma anche attraverso le voci, i rumori e i suoni di tutto ciò che circonda l’Abate. Una narrazione scenica ricca di elementi colti e popolari che fanno dello spettacolo un’idea vincente.
Manuela Bazzarelli, Pocket-art in Rome
Vincente l’idea d’insieme che vede Alessia Sambrini sostituire l’ordinaria scenografia con un quadro di regia diviso in tre settori; quello centrale, per far muovere l’attore, quelli laterali per i musicisti, coadiuvandosi ottimamente dei punti luce, affinché il duo musicale fosse meno visibile dai rettangoli di luci ovattate; in altri momenti, invece, i coni luminosi insisteva su di loro.
Alessandra Bettoni, Brainstorming culturale